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MERIDIANE e OROLOGI SOLARI

 

Parlare di meridiane e orologi solari agli inizi del XXI secolo, in un’era in cui i frenetici ritmi della vita sono spesso regolamentati al secondo, può sembrare anacronistico. Siamo abituati a pensare all’orologio solare come ad uno strumento dei nostri bisnonni che doveva sopperire alla assenza di più moderni ed economici metodi di indicazione oraria, un qualcosa che veniva utilizzato nell’ottocento quando gli orologi personali non erano alla portata di tutti e venivano indossati solo in particolari circostanze. L’orologio pubblico poi non sempre era pienamente visibile a tutti e si correva il rischio di venire colti di sorpresa dal suono delle campane senza riuscire alle volte a stabilire l’esatto numero dei rintocchi battuti.

Gli orologi solari, al di là della funzione di segnatempo, furono innanzitutto strumenti di primaria importanza sin dagli albori dell’umanità sia da un punto di vista scientifico (basti pensare alla determinazione della lunghezza dell’anno che già 3000 anni prima di Cristo si sapeva essere di 365 giorni), sia sotto l’aspetto sociale permettendo di regolare la vita quotidiana.

Da sempre l’uomo ha avvertito la necessità di misurare questa sfuggente grandezza, il tempo, e le meridiane furono elementi essenziali nello sviluppo di questa esigenza. Purtroppo in tutti i testi che trattano di storia della misura del tempo e di orologeria la loro importanza viene sempre sminuita e questo aspetto della cronometria è in genere relegato in uno striminzito capitolo iniziale dedicato al “mondo antico” quasi a sottintendere come, passato un periodo di incerti inizi, questi strumenti venissero ben presto soppiantati da meccanismi più precisi e moderni, considerando l’uso della meridiana solo un momento di transizione dalla cronometria naturale antica a quella meccanica medioevale.

L’uomo però aveva continuato a tracciare meridiane, anche quando gli orologi meccanici erano divenuti più precisi e - all’apparenza - quasi perfetti, fornendo il Sole l’unica informazione certa per controllarli e tararli, e questo fino a quando l’istituzione di unico riferimento nazionale (in Italia nel 1925) non le rese di colpo inutili ed obsolete. Così hanno iniziato a scomparire scolorite dal Sole stesso, dilavate dalle piogge, sbrecciate dal gelo, sfiorite dall’invecchiamento dell’intonaco, distrutte dalla mano stessa dell’uomo che – non essendo in più grado di comprenderle e trovandole non corrispondenti all’ora “ufficiale” in vigore – provvedeva a cancellarle ed a farne svanire le ultime tracce o nel migliore dei casi le ignorava, abbandonandole ad un lento degrado, deturpate da fili, tubi di gronda od altri manufatti aggiunti successivamente alla parete.

Scompaiono i vecchi quadranti, ma sta scomparendo anche la “memoria storica” che li accompagna, quella di una generazione di anziani che se pure non li ha visti tracciare li ha sicuramente utilizzati. Se ne vanno gli antichi proprietari di cascinali o gli abitanti di vetusti palazzi e le loro dimore vengono radicalmente ristrutturate, se ne vanno soprattutto i vecchi Parroci, quelli che conoscevano la storia del paese, della loro Chiesa, della Canonica e dei personaggi più importanti dei dintorni, sostituiti da giovani sacerdoti alle volte anche di altre province se non addirittura stranieri, troppo impegnati su aree sempre più vaste per dedicarsi – salvo rari casi – ad interessi al di fuori della loro missione.

Oggi le meridiane sono considerate espressioni popolari della creatività umana, ma senza alcun interesse artistico, non più motivate da ragioni utilitaristiche e cioè la misura del tempo, spesso ingenue nel loro ornato e nel motto, non paragonabili a monumenti di ben altro spessore architettonico che abbondano nei nostri paesi, legati a nomi di chiara fama che tutti almeno una volta hanno sentito nominare, mentre gli gnomonisti rimangono degli illustri sconosciuti il cui nome non è noto alle volte neppure agli stessi proprietari della parete che ospita la loro opera.

Di qui la necessità di censire questo mondo in via di estinzione prima che scompaia completamente, cercando di raccogliere e rendere disponibili tutte quelle testimonianze che contribuiscono a valorizzare non solo la produzione del passato che fa parte del bagaglio culturale di ogni singolo paese, ma anche quella attuale che spesso presenta soluzioni ed innovazioni artistiche e tecniche notevoli: è importante in ogni caso non dimenticare che “…ogni arte, ogni cultura che si perde non si recupera più”.